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Non chiamatela rissa

Il 2 dicembre a Veronetta ha avuto luogo l’ennesimo atto di violenza neofascista contro il quartiere e i suoi abitanti.

Una quindicina di persone con mazze e spranghe ha cercato di mettere in scena ancora una volta una “guerra tra gang”. Ma esiste davvero una gang rivale, come si ostina a raccontare la stampa locale? A pochi passi dal centro storico, il quartiere Veronetta è da anni il fulcro di numerosi progetti e iniziative politiche. Da un lato, il fuoco incrociato di media e istituzioni interessate a dipingere il quartiere come emblema del degrado da risanare, all’insegna degli aperitivi universitari o dei bed & breakfast per i turisti.

Dall’altro, l’impegno pluridecennale di numerosi abitanti e associazioni che operano nel quartiere per renderlo più inclusivo e solidale: una galassia di iniziative e pratiche  finalizzate anzitutto a un territorio da vivere e non da sfruttare per fini economici. Veronetta è particolare, caleidoscopica: spazio storico complesso e popolare nel senso più ampio del termine, nel corso degli anni è stato definito con le etichette più svariate: Bronx di Verona, zona degradata e pericolosa, roccaforte della sinistra, emblema della Verona multietnica, modello di quartiere inclusivo. E tuttavia nessuna di queste definizioni, se presa singolarmente, riuscirebbe a cogliere le tensioni che corrono tra le due opposte visioni sopra menzionate: la prima escludente, votata al controllo degli individui e alla messa a profitto dei luoghi da essi attraversati; la seconda indaffarata a ricucire le smagliature di uno spazio condiviso al fine di rendere effettiva quella inclusività ancora tutta da costruire.

La ‘conquista del quartiere’

Non solo chi lavora attivamente a quest’ultimo obiettivo, ma anche chi si limita a vivere la propria quotidianità, deve fare i conti con un ulteriore problema da ormai quattro anni: il fatto che la “conquista del quartiere” sia diventata un’ossessione – spesso rivendicata a suon di scritte sui muri, adesivi o dichiarazioni ai giornali –  di alcuni gruppi dell’ultra destra cittadina. Due mondi irriducibilmente incompatibili entrano allora in contatto. E, sia ben inteso, succede per gli evidenti intenti provocatori di questi gruppi neofascisti che esaltano pubblicamente machismo e violenza.

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Ennesimo atto di violenza neofascista, Verona – Malorarivista.it

È purtroppo chiara la necessità di fare i conti con un’aggressività e una ricerca immotivata dello scontro sempre più difficili da arginare. Nonostante le continue denunce pubbliche, l’ennesimo atto di violenza alla vivibilità del quartiere e all’incolumità dei suoi abitanti si è manifestato il 2 dicembre 2020, con le forme più classiche dello squadrismo fascista: mazze, spranghe, assalti mirati. Mercoledì 2 dicembre, alle ore 20, infatti, un gruppo di una quindicina di persone è arrivato di corsa in piazzetta Santa Toscana lanciando bottiglie e brandendo bastoni, cercando di colpire chi, secondo loro, in quel luogo non avrebbe il diritto di stare. Il tutto è durato poco, sembra che diversi abitanti, allarmati alla vista del gruppo, abbiano chiamato il 113. Questo non ha impedito che qualche automobile venisse danneggiata dai lanci di bottiglie e che alcune persone, a cui esprimiamo la nostra solidarietà, restassero coinvolte, senza comunque gravi conseguenze. Come riportato dalla Questura e dalla stampa locale, il gruppo molesto è riconducibile all’organizzazione di estrema destra Blocco Studentesco, e un diciannovenne è stato arrestato, mentre alcuni altri sono stati identificati.

Una tela di relazioni sociali minate dalla conflittualità

Di fronte alla gravità del fatto compiuto, emerge in modo stridente come la carta stampata veronese abbia raccontato l’accaduto. Un episodio che non ha nulla di eccezionale, ma andrebbe ricondotto all’esaltazione della violenza, della sopraffazione e della prepotenza da parte di gruppi dell’estrema destra cittadina. Ma ecco che, sulla stampa locale, un vero e proprio sopruso, messo in atto a suon di mazze da baseball e bastoni (poi sequestrati dalla polizia di stato) verso alcune persone che si trovavano in piazzetta Santa Toscana, diventa una “rissa” tra gang rivali, richiamando l’eco degli “opposti estremismi” e del coinvolgimento dei “centri sociali”, definizioni queste che tornano utili per ogni stagione ed evenienza.

La “rissa” sarebbe da ricondurre dunque ad uno scontro, tutto interno al quartiere, tra gruppi di estrema destra e “i centri sociali”. Uno schema superficiale, confortante e assolutorio, che accompagna questo e molti altri episodi accaduti a Verona negli ultimi anni, in cui le fastidiose e dannose prevaricazioni neofasciste diventano “risse tra gang di estremisti opposti”.

Un racconto che, distorcendo i fatti, nasconde qualcosa di più profondo sul quale bisognerebbe iniziare a riflettere: sembra che a Veronetta qualche gruppo di estrema destra stia giocando alla “guerra tra gang”, inventandosi di volta in volta una gang rivale, un nemico cucito su misura dei propri desideri di violenza, mettendo però in mezzo chi capita a portata. Il punto è questo: non esiste alcuna “gang” rivale. Esiste, casomai, un intero quartiere, in cui convivono mondi diversi che nel tempo hanno costruito un tessuto di relazioni sociali forte, nonostante i pregiudizi e l’assenza di politiche che abbiano saputo dare valore a ciò che già accade in questa comunità. Esiste poi la piaga dell’estrema destra che da qualche anno minaccia e colpisce, perlopiù impunita. C’è infine una stampa che con le sue narrazioni manca costantemente il punto, quando non fa peggio.

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