venerdì, 22 Settembre, 2023
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    Verona 2021. Viaggio nella galassia antifascista

    di Viola Lucetti

    Il 25 aprile, la festa della Liberazione, è una giornata importante, non è solo una cerimonia o un’occasione per ricordare fatti lontani: la data simbolo dei valori antifascisti significa molto di più. Ma come viverla in questo 2021? Siamo andati a parlarne con chi da anni, nella nostra città, singolarmente o collettivamente, pratica l’antifascismo e costruisce spazi di libertà in una realtà difficile. Difficile perché a Verona le scorie inquinanti del fascismo sono arrivate a intaccare la cultura e la politica, non solo nell’area neofascista più o meno identitaria o social, ma si sono diffuse nella pratica istituzionale di chi governa e anche nel pensiero di alcuni gruppi o partiti che si autodefiniscono di (centro-)sinistra. Eppure, a volerlo guardare, il mondo di chi a Verona rifiuta il fascismo è vasto, plurale e radicato da tempo sul territorio. Tracciando un percorso per le strade di Verona abbiamo incontrato alcune e alcuni di loro, per parlare di antifascismo del XXI secolo, in un momento in cui ci pare ce ne sia parecchio bisogno.


    Situata nel cuore di Veronetta, in via dell’Interrato dell’Acqua Morta, proprio dove un tempo l’Adige si divideva a formare un’isola, oggi si trova un vivace punto d’incontro di libri, idee e persone. Ancor prima di entrare siamo colpiti dalle vetrine di Libre!, dalle ricercate scelte estetiche e letterarie: saggi, romanzi, poesia, titoli mai banali da cui si intuiscono competenza e passione. Ma Libre! è molto più di una bella libreria: è una libreria schierata, indipendente ed è anche una cooperativa, con più di 500 persone associate. Il nome è già una dichiarazione politica, come afferma orgogliosamente la vulcanica libraia Lia, mentre ci accoglie tra le mura colorate: «la parola libri è identica a liberi e così, da sette anni e mezzo, mettiamo in pratica il nostro motto “la cultura bella e buona”; nutriamo la curiosità che pone domande anziché dare facili risposte». E sull’antifascismo Lia non ha dubbi: «L’antifascismo ci viene spontaneo e permea la nostra quotidianità». Da Libre!, infatti, è possibile fare la tessera dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e nelle scorse settimane sono stati organizzati due appuntamenti di raccolta firme per una proposta di legge popolare contro la propaganda nazista e fascista promossa dal sindaco di Stazzema (LU) Maurizio Verona, raccogliendo più di cinquecento firme. Ma l’azione antifascista di Libre! non finisce qui, come sottolinea Lia mentre ci mostra l’ultima sezione in allestimento. «Nel corso degli anni Libre! è diventata la libreria di riferimento della comunità LGBTQI+ con un ricco scaffale di libri a tema che da noi si chiama “arcobalibre”, frutto di una bella collaborazione con il centro studi PoliTeSse – Politiche e Teorie della Sessualità all’Università di Verona e con Arcigay Verona; una scelta di campo volta all’inclusione e al dialogo, di segno opposto alla preoccupante deriva omofoba». Se il fascismo divide, conclude Lia: «Qui a Libre! tutto è incontro: dall’appuntamento settimanale con il gruppo d’acquisto Gasdottò alla filiera corta con le case editrici, tra cui Ombre Corte e Lotta Comunista, dalle campagne di tesseramento di “Isolina e…” al cinema di comunità “Ri-Ciak” a Veronetta». Non male come prima tappa, ma il percorso continua.

    Lasciamo la libreria ma rimaniamo in tema, non è un segreto che il Circolo Pink sia un punto di riferimento per la comunità LGBTQI+ veronese. Se razzismo, omofobia e sessismo sono patrimonio grigio e triste del fascismo, a Verona il Pink rappresenta valori come la libertà e i diritti. Sono Paola e Gianni a raccontare come il Circolo Pink, nato a Verona nel 1985, abbia «sempre avuto una vocazione antifascista e antirazzista, declinatasi in vero attivismo dal 1995, anno delle famigerate mozioni omofobe approvate dal consiglio comunale di Verona». Mostrandoci foto e documenti che testimoniano il lungo lavoro, ci parlano di come il Pink sia stato co-organizzatore di manifestazioni culturali e di protesta «contro i negazionismi e i tentativi di legittimare i movimenti neofascisti, organizzate per la giornata della memoria e per l’anniversario della liberazione dal nazifascismo». Anche le istituzioni si sono accorte dell’importante ruolo del Pink nella lotta alle disuguaglianze tanto che il Tribunale di Verona lo ha ammesso come parte civile nel processo contro Luca Castellini, l’esponente di Forza Nuova, che nell’estate 2017 inneggiò a Hitler. La sede del Pink è ormai un punto di riferimento nel quartiere ed è un luogo di incontro tra chi porta avanti pratiche antirazziste e antifasciste. Il suo impegno pluridecennale si distingue anche per la capacità di leggere il presente, con uno sguardo attento ai cambiamenti e alla diversità. Per questo, come racconta Gianni al termine della conversazione, «sempre sulla linea secondo cui la difesa della diversità, che sia etnica, di genere o di orientamento sessuale, è di per sé una pratica antifascista, il Circolo Pink ha attivato dal 2017 il gruppo per persone migranti LGBT “Pink Refugees”, che anche nelle maglie delle restrizioni dovute alla pandemia continua a difendere i diritti umani e civili e a promuovere il protagonismo e l’autodeterminazione dei migranti». 

    Proprio in quanto luogo di incontro e laboratorio intersezionale, il Circolo Pink ospita nella propria sede il nodo veronese di Non Una di Meno. Secondo le attiviste, che abbiamo incontrato, è fondamentale «prendere parola» per prevenire «riconoscendo e isolando il fascismo prima che esso si organizzi in forme violente». La prospettiva di un movimento transnazionale come Non Una di Meno guarda sia al globale che al locale, cercando di rafforzare, collegandole tra loro, le rivendicazioni per «affrontare le nuove saldature all’insegna del populismo, all’interno di governi ed istituzioni, che nel nome della triade “Dio, Patria e famiglia” non fanno altro che riproporre forme di fascismo rivisitate e ripulite». E così i nuovi autoritarismi «si nutrono di nostalgie e revisionismi storici per dirsi vittime – e allo stesso tempo rivendicano come un diritto ‘divino e naturale’ il controllo sui corpi e sulle vite degli altri e delle altre». Come nel 2018, «quando il Consiglio Comunale ha approvato la mozione con cui dichiarava la città “a favore della vita” e impegnava il sindaco e la giunta a finanziare con soldi pubblici associazioni legate ai movimenti antiabortisti e ancora nel marzo del 2019, quando ha ospitato il Congresso Mondiale delle Famiglie» alla quale si è opposta la sterminata marea di Verona Città Transfemminista con un corteo senza precedenti per la città. Per NUDM Verona la lotta al neofascismo deve affiancare altre forme di resistenza «pratiche conflittuali, di mutualismo e solidarietà che d’altronde hanno accompagnato la Resistenza armata più di 70 anni fa», pratiche che non lascino indietro nessuno e nessuna. In questo senso le attiviste hanno dato vita allo Sportello di consulenza e assistenza legale “Io ti credo”, che si rivolge a tutte le donne e le soggettività LGBTQA+ che siano oggetto di violenza di genere o discriminazione sul lavoro. «Il nostro obiettivo – continuano – è fornire strumenti di difesa, autodifesa e autodeterminazione». Il 25 aprile, dunque, non è solo una celebrazione, ma un modo per render «viva la memoria di tutte le donne che hanno fatto la Resistenza, donne che hanno lottato non solo contro il fascismo, ma contro il sessismo e il maschilismo».

    Ci lasciamo alle spalle il Pink e ci incamminiamo verso la prossima tappa, situata a pochi passi dall’incrocio tra via Muro Padri e via Carducci. Infospazio 161 è un’altra realtà recente e molto attiva. La sede, aperta nel 2019, è anche un laboratorio culturale, dove si costruisce un immaginario diverso per chi vive a Verona. È Stefano a spiegarci che per Infospazio 161 la simbologia è importante e da questo nasce la necessità di  «contrapporne una in grado di competere con quella fascista che egemonizza la città, costruendo un modello culturale alternativo a quello dominante». Un esempio è ‘Fammi spazio’, una serie di eventi che vuole trasmettere i valori antifascisti attraverso un format in grado di unire il piano politico a quello espressivo e ludico. L’intenzione è quella di far interagire artisti e giovani che non hanno luoghi per esprimersi per «avvicinare persone giovani alla tematica antifascista, intesa anche come opposizione al razzismo, all’omofobia, al sessismo». Infospazio è anche molto altro: all’interno del loro spazio è stato infatti avviato il “Centro di documentazione Giorgio Bertani”. Mentre sfoglia alcune riviste degli anni Settanta, che fanno parte del loro archivio, Stefano lo descrive come «un progetto che prova a creare informazione su diverse tematiche, e, in particolare, sulla realtà veronese.». È proprio attraverso un dettagliato archivio sempre in aggiornamento che Il Centro di documentazione prova a stimolare lo spirito critico e la memoria storica attraverso la scrittura di articoli, la pubblicizzazione e la messa a disposizione di materiali e contenuti redatti in passato. Un esempio d’uso di questi materiali è la mappa digitale delle aggressioni fasciste a Verona che è stata elaborata proprio a partire dai dati raccolti dal Centro di Documentazione Bertani. Infine, conclude Stefano «con lo sguardo ai diritti e alla libertà di migrazione, abbiamo dato vita allo “Sportello Sociale per i Diritti” con cui forniamo supporto legale a cittadine e cittadini stranieri presenti in Italia, sostenendoli nell’affrontare iter burocratici assurdi e politiche di chiusura che li rendono protagonisti di episodi di intolleranza, razzismo e di violazione di diritti fondamentali».

    Quando usciamo da Infospazio, abbiamo già percorso un po’ di strada e raccolto numerose testimonianze dell’antifascismo dei giorni nostri. Ma il viaggio prosegue. Percorsa via XX Settembre, ci troviamo alla sede dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI): una presenza che, rimandando alle lotte per la libertà, non piace a qualche nostalgico della dittatura, visto che in questi anni è stata minacciata e vandalizzata. L’antifascismo dell’ANPI è radicato nei valori costituzionali e nell’esempio dei Comitati di Liberazione Nazionale che, durante la guerra partigiana, sperimentarono sul campo inedite forme di democrazia, dando rappresentanza ad ogni partito. Una volta entrati, è Fabrizio ad accoglierci e a spiegarci come la memoria storica e il ricordo dei protagonisti siano alla base della loro attività, che «per naturale evoluzione, sfocia nella difesa e divulgazione della Costituzione, per la sua piena attuazione. In tal senso i piani di azione sono molteplici e complessi, ma passano obbligatoriamente dalla presenza di processi democratici nelle istituzioni, ma anche in tutti i luoghi in cui i cittadini e le cittadine vivono e collaborano.» La sede di Veronetta sta prendendo nuova vita negli ultimi anni: il vecchio edificio asburgico è diventato luogo di iniziative e aggregazione giovanile, come con la rassegna cinematografica Barlumi, organizzata con Interzona, la mostra sulle lotte sociali per l’emancipazione femminile in Cile organizzata insieme a Non una di Meno, o le tante serate organizzate dalla Rete degli Studenti Medi e dell’Unione degli Universitari. Fabrizio ci racconta come negli ultimi anni siano stati realizzati diversi eventi proprio per favorire la costruzione di reti sociali nel contesto veronese, tra queste è fondamentale «la vicinanza con l’Università e il rapporto costruito con le associazioni di studenti favoriscono non solo il futuro dell’associazione, ma il passaggio alle future generazioni dei valori dell’antifascismo». Per l’ANPI, conclude, «l’antifascismo deve vivere di promozione della cultura democratica da una parte, e, dall’altra, del contrasto diretto nei luoghi in cui i fascismi proliferano. E i luoghi sono anche le istituzioni denigrate da gesti e manifestazioni inaccettabili e fuorilegge caratterizzate spesso da provvedimenti politici e amministrativi che nascono da una cultura atta a escludere i diversi e i più svantaggiati».

    Usciti dalla sede dell’ANPI raggiungiamo il Laboratorio Autogestito Parat@dos: fuori delle mura, oltre Porta Vescovo, troviamo l’ampio stabile di Corso Venezia. Entrando siamo circondati da manifesti, bandiere, megafoni, ma anche scaffali di libri, sacchi da boxe, cassette e sacchetti per la spesa, faldoni di documenti. Lorenzo ci accoglie e ci racconta che il «Paratodos è un laboratorio di sperimentazione culturale e politica al cui interno trovano casa diversi gruppi/collettivi, come la Palestra Popolare Jacovacci, il collettivo del Teatro Popolare, il Laboratorio di Tango. È uno spazio intergenerazionale e plurilingue, un punto di riferimento per lavoratori e lavoratrici, precari e precarie, studenti e studentesse, migranti, che cercano pratiche per dare voce a diverse ferite di ingiustizia». Ma l’antifascismo? Per Lorenzo la risposta sta tutta nel campo della pratica: «Paratod@s, assieme al sindacato Adl Cobas Verona, all’Associazione “Equilibrio precario” e alla Falegnameria Resistente, pratica l’antifascismo nelle cose che fa, nelle attività che intraprende». Ogni attività tocca una possibile ingiustizia, sociale, economica o razziale che va combattuta. Ad esempio «attraverso lo sportello cerchiamo di dare un aiuto concreto a chi è in difficoltà anche semplicemente a districarsi nelle complesse procedure burocratiche per ottenere i bonus e le agevolazioni a cui ha diritto. All’interno dello spazio è attiva anche una scuola di Italiano. Imparare la lingua del paese in cui ci si trova è un passaggio indispensabile per comunicare, per comprendere ciò che avviene, per dare un significato alla realtà, per esprimere i propri bisogni e rivendicare i propri diritti. Ma la scuola è anche molto altro: è una forma di partecipazione, è vivere e sperimentare tutto ciò che la lingua porta con sé». Ma non finisce qui, prosegue Lorenzo: «Da ormai più di un anno abbiamo avviato il “Progetto sos-spesa” una forma auto-organizzata di mutuo sostegno per le tante persone che vivono una situazione di difficoltà, che faticano a soddisfare i bisogni materiali essenziali, come il cibo. Ad oggi sono più di 70 i nuclei familiari coinvolti». Si tratta di un progetto che porta in sé un’enorme valenza politica: ha infatti permesso di aprire una riflessione «sulle mancanze e i limiti delle politiche sociali, sugli sprechi alimentari del nostro sistema economico, sulle contraddizioni delle nostre società, dove la vita è il diritto e il valore più alto da difendere, ma solo quando essa risponde a certi requisiti, cittadinanza, residenza, isee, ecc». 

    Attraversata nuovamente Porta Vescovo, a pochi passi dalle mura, incontriamo La Sobilla, uno spazio autogestito aperto nel 2014, ma animato da persone che provengono anche da percorsi di più lungo respiro. «La Biblioteca Domaschi – racconta Giovanni mentre ci accoglie nella sala dell’associazione circondata di libri – è sorta a inizio anni Novanta e oggi conta più di 5000 volumi, riviste e documenti sul pensiero e la storia dei movimenti libertari e controculturali». Lo spazio ampio e luminoso e la cura con cui è tenuto lo rendono un luogo molto accogliente. «Prima che la crisi pandemica bloccasse tutto – continua – La Sobilla apriva ogni giovedì proponendo presentazioni di libri, cineforum, discussioni e mostre». Appese alla porta d’entrata sono in mostra alcune locandine di rassegne tematiche e incontri e guardandoci attorno notiamo, oltre i libri, la scritta “Fuori Mercato – autogestione in movimento”. Giovanni prosegue: «oltre ad organizzare eventi culturali, come l’annuale “Brutti caratteri”, La Sobilla è parte di una rete di mutuo soccorso che valorizza la filiera corta e il sostegno a realtà produttive basate sull’autogestione “nella prospettiva di un’economia delle resistenze». Fra i prodotti in mostra c’è anche l’Amaro partigiano, il cui ricavato serve a sostenere Ri-Maflow, fabbrica recuperata di Trezzano sul Naviglio (Mi) e il Museo audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo (Ms). Quando gli chiediamo che cos’è per loro l’antifascismo oggi, Giovanni risponde con una battuta: «È già questo, la creazione di reti di mutuo aiuto, il sostegno e il racconto di realtà che fanno o hanno fatto delle pratiche antiautoritarie una questione quotidiana!». Senza dimenticare che Giovanni Domaschi, l’anarchico veronese a cui è intitolata la biblioteca, è morto in un campo di sterminio nazista per aver partecipato alla Resistenza.

    Il nostro percorso si conclude incontrando il collettivo universitario “Eimì”, nel parco del Polo Zanotto in Viale Università. Per loro, ci spiegano, il ragionamento inizia dal linguaggio, dalle parole, a partire dal nome scelto: «Io sono, Eimì in greco. Il nostro nome abbraccia una presa di coscienza prima di tutto individuale e che poi germoglia nelle radici del collettivo.» Per il gruppo universitario quindi le parole implicano un rapporto stretto con la realtà «perché come diciamo così percepiamo. È proprio per questo motivo che è necessario che il cambiamento scaturisca dalla parola». Ma qual è il tipo di cambiamento di cui parlano e come si lega all’antifascismo? Per il collettivo universitario Eimì la capacità di dare valore a chi è altro da noi è una questione centrale: «In questo terreno di confronto empatico con l’altro ogni differenza è una luce che prospera. La bellezza dell’umanità è preservata nella facoltà di esprimerci liberamente per quello che sentiamo, oltre retorici preconcetti. Questo mondo è amorevole nella diversità»

    Abbiamo attraversato una galassia fatta di realtà e voci diverse, attive a partire dai valori dell’antifascismo ma anche pronte ad interpretare la complessità dell’oggi. In questa galassia si realizzano pratiche differenti che passano dal costruire immaginario, a tessere reti di solidarietà, dal prendere parola, al condividere saperi. In questo panorama colorato e determinato è la prospettiva ad essere unica: opporsi al tradizionalismo cieco, all’odio per il diverso, alla passione per la prepotenza, alla difesa dei privilegi del capitale e del potere, in altre parole, opporsi ai residui del fascismo

    Illustrazione di Andrea Mantani